La costa dei Trabocchi – Figure fra gli scogli
Quando la costa abruzzese corre verso sud, nel tratto della provincia di Chieti che va da Francavilla a San Salvo, si intravedono sopra gruppi di scogli, strane creature protese verso il mare. Peculiarità esclusiva della costa d’Abruzzo, sembrano ragni sparsi sul litorale con lunghe antenne rivolte ad oriente, un piccolo corpicino snello e traballanti zampe che affondano nell’acqua. Sono i trabocchi, curiose e pittoresche ‘macchine da pesca’, ataviche palafitte da pesca diffuse sul versante adriatico meridionale. Testimoni di tempi antichi in cui, pare, che l’uomo avesse paura di avventurarsi in mare aperto. Vedette sul mare. Qui si poteva pescare da fermi, tra terra ed acqua, come una sorta di braccio prolungamento della costa.
Il termine trabocco è stato di fatto italianizzato e proviene dal dialetto ‘travocche’, forse derivante dal latino ‘trabs’ (legno, albero, casa). Per qualcuno la parola deriva dal ‘trabocchetto’ che si tende al pesce, per altri dalla tecnica di conficcare i pali tra gli scogli, ‘tra i buchi’, oppure al cosiddetto ‘trabiccolo’ usato nei frantoi per spremere le olive, molto simile all’argano che è situato sul trabocco.
Così scriveva Gabriele D’Annunzio in alcune pagine de "Il trionfo della Morte" (1894): "La macchina pareva vivere di una vita propria, avere un’aria e un’effige di corpo animato. Il legno esposto per anni ed anni al sole, alla pioggia, alla raffica, mostrava le sue fibre… si sfaldava, si consumava, si faceva candido come una tibia o lucido come l’argento o grigiastro come la selce, acquistava una impronta distinta come quella d’una persona su cui la vecchiaia e la sofferenza avessero compiuta la loro opera crudele" … "La grande macchina pescatoria composta di tronchi scortecciati, di assi e di gomene, che biancheggiava singolarmente, simile allo scheletro colossale di un anfibio antidiluviano".
Elemento costitutivo: il legno
Ammirate in un giorno di mare in burrasca, queste figure fra gli scogli, stupiscono per la capacità di resistere alle mareggiate, nonostante l’aspetto fragile e precario.
Il trabocco, apparentemente delicato, è fissato in equilibrio con strallo di cavi e con pali alla roccia. Strutture simili sono presenti sul Gargano, a Latina, nel basso Tirreno e a Ravenna. Tuttavia il trabocco abruzzese si distingue perchè situato in parte o totalmente in acqua, trasversalmente rispetto alla costa a cui è collegato con una ardita passerella a mo’ di ponte con la terraferma, poggiata anch’essa su pali di legno e lunga anche decine di metri.
La piattaforma è costituita da tavole di legno che coprono in media una superficie di quaranta metri quadri ed è retta da quattro-sei pilastri verticali. Sui trabocchi una volta abitavano le famiglie più povere dei pescatori della zona.
La piattaforma, anche detto palchetto ospita l’argano che consta di due pali incrociati che comandano la rete durante la pesca. infine sulla struttura troviamo la cabina, un piccolo vano con tetto, una volta utilizzata anche per l’allevamento e oggi cucina per ristorazione.
Le cosiddette antenne sono due pali leggeri in abete che consentono, grazie all’ausilio di carrucole, il movimento delle corde poste a sostegno degli angoli superiori della grande rete. Le antennine, invece, sostengono gli estremi inferiori della rete.
I materiali impiegati nella costruzione dei trabocchi di una volta, provenivano dalle vicinanze, era frequente l’uso del castagno, olmo, robinia, pino e pino rosso. Per le corde si utilizzava la canapa. In seguito furono utilizzati pali delle linee telegrafiche e telefoniche, stabilizzati da fili di ferro. A volte si costruiva con i resti di altri trabocchi.
La storia
Esistono diverse versioni sulle origini di queste figure lignee in bilico sul mare.
Per Pietro Cupido, appassionato di trabocchi ed autore del libro "Trabocchi, traboccanti e briganti" (Menabò 2003), il trabocco è apparso sulle coste abruzzesi nel 1627, quando gruppi di ebrei si rifugiarono in Abruzzo fuggendo dalla Francia. Nel 1863, con l’arrivo dei binari, il materiale si arricchì di bulloni, traversine e fili di ferro.
Stando all’ipotesi di Attilio Piccinini, altro conoscitore dei trabocchi, la datazione sta intorno al 1200. A testimoniarlo un antico documento del 1400 scritto in dialetto veneto-bergamasco da Padre Tiraboschi dell’Ordine Celestiniano, che narra di come Pietro da Morrone, uscendo dall’Abbazia di Fossacesia, poteva ammirare il mare sottostante: ‘punteggiato di trabocchi’.
Nel dopoguerra il trabocco è caduto in abbandono per via del disuso e della perdita delle tecniche di manutenzione.
Oggi sono protetti da una normativa speciale in Abruzzo che ne promuove il recupero e la valorizzazione.
Nuovo uso
I trabocchi sono diventati un luogo dove riscoprire la ‘cala lenta’, un’attrazione unica. A Fossacesia, ad esempio, al Trabocco Palombo, se il vento è buono, si cala la grande rete a ombrello davanti agli ospiti e quando la si tira su con le corde fissate all’argano, è piena di pesci: spigolette, cefali e pesce azzurro. A questo punto, il pescato fresco viene portato nella piccola cucina situata sul trabocco, per essere prepararto e servito con prodotti dell’agroalimentare del luogo, altrettanto freschi e genuini.
Dove ammirare i trabocchi
Nel tratto del litorale chietino che va da Punta Acquabella nel comune di Ortona fino a Vasto dove sono presenti i trabocchi di molo.
– Trabocco Fosso Canale a San Vito Marina
– Trabocco Punta Cavalluccio, Punta Isolata e Punta Tufano a Rocca San Giovanni
– Trabocco Pesce Palombo e Punta Rocciosa a Fossacesia
Informazioni e curiosità ulteriori su:
http://www.puntatufano.costadeitrabocchi.info/
http://it.wikipedia.org/wiki/Trabucco_(pesca)
http://www.italiaatavola.net/articoli.asp?cod=11108
fonti: Il Centro – quotidiano d’Abruzzo; Trimestrale ‘Tesori d’Abruzzo’ n. 21 anno 6 – de siena editore – Pescara
(Rosalina)