Quando Li Stuccabittune si scatenano
“Tante gocce formano un mare”, diceva qualcuno… qualcun altro che “l’unione fa la forza”.
Per loro valgono entrambi i detti, se si pensa che l’incontro quasi casuale in una serata estiva di cabaret paesano è
divenuto appuntamento fisso per le prove generali di uno spettacolo teatrale.
Perché è così che ha inizio la storia di questa compagnia di attori, ancora prima di conoscenti, ritrovatisi a condividere lo spazio di un palcoscenico allestito per una festa cittadina e il tempo di una serie di sketch improvvisati, forti della voglia di mettersi in gioco, forse della passione nascosta per il teatro, ma soprattutto della conoscenza del dialetto atessano.
Da una serata in piazza ad una serata in casa, poi, il passo è stato breve: ancora insieme, ma non più per caso, a definire il progetto di una compagnia teatrale, con una sua associazione, un suo spettacolo e un suo nome: Li Stuccabittune.
Letteralmente gli “stacca bottoni”, come suggerisce la storia del paese, narrando di quando i meno abbienti erano avvezzi al furto dei bottoni dai cappotti dei ricchi signori; in senso metaforico i “nullafacenti”, come suggerisce la tradizione linguistica, facendo cenno a quanti si crogiolano nell’ozio incallito; dietro le quinte e sulla ribalta loro: Anna, Antonio, Enzo, Franco, Maria Antonietta, Maria Concetta, Maria Filomena, Nino, Patrizia, Tonino e Umberto coordinati nella regia e nella direzione artistica da Enzo e Paolo. Volti di comuni atessani nella vita quotidiana, interpreti di una inaspettata bravura in teatro.
Il Teatro Antonio di Jorio di Atessa li ha ospitati il 6 gennaio, alle 21, e accolti con le risate e gli applausi di un pubblico vario e divertito.
Una scenografia semplice, ma curata nel dettaglio, ripropone una inquadratura in primo piano della hall di una pensione abruzzese, e non una qualsiasi, ovvio, ma di una pensione “scatenate”: scatenata é la padrona, Cecilia (Patrizia Rossi Principe), una donna vissuta, di spirito e dal carattere esuberante, che intrattiene con i suoi consigli d’amore e di vita i propri ospiti; e scatenati sono proprio questi ultimi: tra chi abita abitualmente il posto, come la collaboratrice Graziella (Anna Villanese) donna elegante, dai modi provocatori ma genuini, alle prese con il disperato Pipino (Tonino Tieri) un imperterrito corteggiatore senza speranze; e quanti sono di passaggio, come Attilio (Antonio Marchetti), bizzaro boss siciliano imparentato con la mafia statunitense, intento a dare in moglie la figlia Carmelina (Maria Antonietta Di Blasio) ad un giovane americano.
E’ la serie inattesa di incontri tra chi va e chi viene, tra chi resta e chi parte, a creare un intreccio colorito di situazioni inaspettate che sfiorano il ridicolo e il comico insieme. Questa la trama essenziale del racconto, con un decisivo punto di svolta in un preciso istante narrativo: il giorno in cui si presenta nella pensione affollata, il timido e confuso Felice (Umberto Tumini), chiamato a sostituire Giggino (Nino Villanese), cameriere combinaguai e brontolone messo alla porta dalla padrona spazientita, nonostante le insistenze della nipote Valentina (Filomena Del Sindaco), ragazza tutta pepe e ficcanaso come poche.
L’ arrivo del nuovo cameriere, però, si scontra con una serie numerosa di attese coincidenti: quella urgente del Dottor Carchesio (Enzo di Mattia) chiamato ad assistere il malato strillone della stanza numero cinque, il vecchio Giustino (Franco D’Alonzo); quella contrastata del “boy from America”, promesso sposo della dolce e paziente Carmelina, vittima sconsolata del volere paterno e in verità innamorata del timido Vincenzo (Francesco Ianni); quella ansiosa di un uomo da sposare per la frizzante Teresina, (Maria Concetta Travaglini) giovane ragazza tutta curve e simpatia, alla decisa ricerca di un marito mediante annuncio su giornale.
Ognuno in attesa di qualcuno, e un solo personaggio a presentarsi alla porta: una questione di tempi e presenze, dalla quale scaturisce un equivoco vincente.
Felice, diviene oggetto e soggetto di congetture e supposizioni sulla sua reale identità, in funzione e in ragione delle aspettative e speranze di ogni singolo ospite della pensione: identificato di volta in volta, a seconda dell’avvicendarsi dei personaggi, con il dottore, il marito promesso o il giovane spasimante, il nuovo cameriere diviene il personaggio chiave di una commedia brillante, quello attorno a cui si dipana la matassa intrecciata di una sceneggiatura fantasiosa.
E non può non essere tale, se e quando firmata dalla genialità compositiva di Antonio Potere: “Pensione Scatenate” è uno dei capolavori della sua penna e una delle commedie dialettali più rappresentate dalle compagnie itineranti negli ultimi tempi.
Ma se è vero che, quando si parla di arte e in particolare di arte scenica, a valere è soprattutto l’interpretazione, intesa come il modo soggettivo di rendere un ruolo in un’opera (nello specifico teatrale), allora è vero anche che il pubblico è stato spettatore di una modalità personale di essere sul palcoscenico senza dubbio straordinaria…e stra-ordinaria: fuori dalla quotidianità della professione, quale è quella di un attore formatosi tale, per trasformarsi in personaggio, per esistere come altro da sé.
Li Stuccabittune hanno dato prova dello scoprirsi ognuno, vicendevolmente, dotato di questa capacità interpretativa, forse innata, ma tenuta nascosta fino alla messa in gioco con un copione in mano. Che poi quello scelto sia di per sé valente questo è indubbio.
Così una sceneggiatura di spessore, presupposta da una firma di talento, è riuscita nel suo intento di divertire il pubblico, regalare risate e stimolare applausi anche e soprattutto perché a renderla dietro e davanti le quinte vi erano loro: Anna Villanese, eccellente nel rendere la ritrosia femminile ad un ossessivo corteggiamento; Antonio Marchetti, scrupoloso nel riprodurre le sfumature di accenti e toni del siciliano; Enzo Di Mattia, valido nel suo ruolo di medico curante dalla serietà ottusa; Francesco Ianni, spontaneo nel portare in scena la timidezza genuina di chi teme di dichiararsi; Franco D’Alonzo, una presenza vocale fuori campo e fuori intreccio, che si fa presenza scenica colorata e conclusiva della storia; Maria Antonietta, precisa nel rappresentare la pazienza tutta femminile di chi attende un anello al dito; Maria Concetta, indistinguibile nella comicità del linguaggio e nella vezzosità del personaggio; Maria Filomena, puntuale nel ruolo e divertente nella presenza scenica; Nino Villanese, impeccabile nell’interpretazione di una sordità briosa, che bene si presta a comici giochi di parole e incomprensioni di senso; Patrizia Rossi Principe, esemplare nella messa in scena di una esuberanza plateale ; Tonino Tieri, inconfondibile nell’espressione di un innamorato perso e illuso; Umberto Tumini spettacolare nel rendere sulla ribalta una balbuzie comica, fonte di equivoci geniali.
Ognuno concentrato sul proprio personaggio, ma flessibile nell’adattarlo alla propria persona e tutti coordinati dalla attenta regia di Enzo Simone.
Ognuno “persona” e “personaggio” al contempo e tutti, insieme: Li Stuccabittune.