La musica in Egitto
Come la Mesopotamia, la valle del Nilo è stata la culla di una delle più antiche civiltà dell’area mediterranea: la civiltà egizia, fiorita nel III millennio a. C. e prosperata sino all’invasione persiana del 525 a. C.
Le principali notizie sulla musica dell’antico Egitto ci vengono dai numerosi reperti archeologici – rilievi, dipinti, statuette, strumenti custoditi nelle tombe – e, indirettamente e in minor parte, dagli scritti di autori greci (ne parlarono nelle loro opere, tra gli altri, Erodoto, Plutarco, Strabone, Platone).
Come per tutti i popoli antichi, ma per gli Egizi in modo particolare, la musica apparteneva al mondo dell’arcano; il suono era la “voce” delle cose: le rocce, il vento, il mare. Essa era ritenuta un dono prezioso del cielo, fonte sublime di letizia e di serenità dell’anima. Il suo nome era infatti hi che significa anche “gioia”, “beatitudine”. Essa pervadeva il mondo intero, così come risuonava nel tempio, simbolo del creato, “divinizzandolo”.
Musica e religione nell’antico Egitto mantenevano quindi legami profondi. L’arte di modulare i suoni era un mistero e solo pochissimi iniziati avevano accesso al suo mistico significato. Canto e musica strumentale erano quindi coltivati dai maghi, dai sacerdoti e da tutti gli addetti alle funzioni del tempio. Cantori e musicisti scortavano le processioni durante le solenni cerimonie religiose e civili. I musicisti di corte, considerati sudditi privilegiati del faraone, occupavano uno dei ranghi più elevati della scala sociale.
Molto poco si sa del sistema musicale dell’antico Egitto. Le arti pittoriche ci offrono però un’ampia serie di testimonianze: il maestro del coro, i danzatori, gli arpisti e i suonatori di altri diversi strumenti. Da queste raffigurazioni, dalle posture e dai gesti dei suonatori e dei danzatori, ricaviamo l’impressione di una cultura musicale sicuramente evoluta.
Inoltre, dai gesti caratteristici dei cantori è stato possibile stabilire l’esistenza di un codice di segni – chironomìa – mediante il quale dei direttori indicavano ai suonatori e ai cantori le diverse note.
Anche se i segreti del sistema musicale e del canto rituale dell’antico Egitto furono sempre eslusivo privilegio della sola e potente casta sacerdotale, la musica fu in realtà un bene di tutti, un’esigenza di vita sociale, dalla culla alla tomba. Il canto popolare ebbe così modo di fiorire liberamente accanto alla musica religiosa e di corte. Vi erano canti per la mietitura, per la trebbiatura, per la pigiatura dell’uva, per la raccolta dell’acqua, canti di portantini, canti d’amore. Nell’antico Egitto anche l’estremo saluto tributato ad un estinto era accompagnato dal canto.