L’ alienazione totale
Una fila interminabile di auto che si dirigono tutte nella stessa zona: l’area industriale di Atessa, a valle, nella piana scavata da millenni di percorrenza del fiume Sangro. Ognuno di quegli aggeggi mobili trasporta una o più vite con le loro gioie e le loro ansie. Quasi un lungo serpente che non ha testa e non ha coda, solo corpo che striscia rotolando su un terreno d’asfalto, emettendo sordidi sibili di motori meccanici. Esseri umani che vanno a riprodurre le stesse forme su cui sono seduti, meccanicamente per otto ore di fila, per giorni, mesi, anni, sempre lo stesso gesto, gli stessi ritmi, le stesse forme, gli stessi rumori, lo stesso percorso e forse gli stessi pensieri. L’alienazione del vivere moderno mi sconvolge. E quella fila si ripete stancamente ogni giorno alle stesse ore, ai cambi dei turni di lavoro. E mi tornano in mente le strade di terra battuta, i tratturi, i sentieri, i luoghi che nessuno più ha il tempo di attraversare. E mi vengono in mente le problematiche legate al lavoro: crisi, delocalizzazione, post-globalizzazione, umanizzazione del lavoro, regole disattese e non, lavoro femminile, managerialità, coerenza, competenza, clientelismo e sfruttamento, diritti e doveri, ecologia e lavoro, ambiente e lavoro, famiglia e lavoro, nuove idee e stagnazione dei mercati, fuga di cervelli, lavoro interinale, cassa integrazione, mobilità, il default! … Ultima definizione letteral-giornalistica per non dire e scrivere sempre ‘crisi’, accidenti siamo in guai seri…
Una zona industriale, quella di Atessa, che a pieno regime ‘vantava’ una forza lavoro di ventimila addetti, ventimila. Inimmaginabile pensarlo quasi trenta quaranta anni addietro. Da zona aquitrinosa e paludosa, il Sangro viene bonificato (tanto che molti ne pagano ancora la tassa), a zona di colture agricole di ortofrutta a livello industriale. Era famosa la sagra delle pesche di Piazzano. E poi una trasformazione repentina, violenta. L’agglomerato SEVEL, la Honda, la Piaggio, trascinano la nascita di una marea di piccole industrie satelliti che sono l’indotto, il lavoro terzi, per fabbriche che producono veicoli richiesti in tutto il mondo. Uno sviluppo velocissimo che trasforma l’ambiente umano e la conformazione territoriale. Sorgono come funghi, a valle e anche ad Atessa centro, complessi abitativi, diminuiscono sulle colline la coltivazione intensiva del grano per lasciare posto a palazzi, strade, villette a schiera.
Non si sente più nemmeno un trattore la mattina presto, solo quello sfrecciare di auto che rimbomba di continuo per un’ora che poi ricomincia di nuovo ad ogni cambio di turno.
Questo ha tanto il sapore dell’alienazione totale.
Sono ricordi, oppure sogni? Dimenticate o malinconicamente lasciate nei cassetti della memoria le radici della propria cultura contadina. Quella sana, che sapeva di rispetto dell’ambiente, di cura della terra, di risorse da tutelare. La rugiada dà solo fastidio, il cane che abbaia un tormento, lo spiffero freddo una fonte di malanni, le foglie autunnali un’impiccio davanti al garage. Niente a che fare con la crescita economica, lo sviluppo, la ricchezza materiale. Ma quanto abbiamo perso di noi, mi chiedo. I rapporti interpersonali compromessi, non c’è tempo per niente, tutto è veloce, in primis le macchine che devono condurci al posto di lavoro; che mica si va più a piedi? E poi i benedetti nonni santificati che accudiscono i nipoti, si occupano delle situazioni contingenti e delle incombenze quotidiane: andare alla posta, fare la spesa, stendere il bucato.
L’alienazione totale.
Da un eccesso all’altro. Se prima il ‘patriarca’ dirigeva a suon di dictat irremovibili, ora è esattemente il contrario. Ognuno si porta addosso il peso di andare avanti alla meglio che si può, con la famosa crisi che incombe come spada di Damocle e nessuno riesce a capire com’è successo, cosa fare, dove andare a parare, con chi prendersela, dov’è il senso di tutto questo.
L’alienazione totale… questo è.
Adesso tutti sentiamo una sorta di insofferenza, di agitazione, di smarrimento. E ognuno vorrebbe che fosse solo un sorso allucinogeno di sogno perchè la realtà è incontrollabile, ingestibile. Tutti vorremmo vederci chiaro, mentre le nebulose non stanno solo nell’universo infinito ma sono scese, improvvisamente, sul pianeta Terra.
Ah! Quelle belle scorazzate per campagne ad acchiappar farfalle!
(Rosalina)