Un treno per salire verso nord (Racconto 2 parte)
Valerì continuò ad attraversare i corridoi delle carrozze sempre allo stesso modo. Tenendo strettamente per mano Nora Lisa, schivando ogni ostacolo umano per rendere agevole il passaggio della piccola ingessata. Il treno stava per finire, la speranza iniziava a trasformarsi in ansia, in illusione, ma senza demordere provò gli ultimi tentativi. Le sembrava un azzardo.
Porta scorrevole che al solito scivolio si apre, solite parole, a cui Valerì in atto di resa si aspetta la solita risposta.
Improvvisamente accade l’impensabile. Come fossero molle caricate all’estremo da chissà quanto tempo, scattano in piedi tutti i passeggeri dello scompartimento, all’unisono. Erano sei ragazzi, giovani, tutti sui vent’anni che, senza pensarci nemmeno un attimo, senza titubanze, egoismi, pregiudizi, fecero quasi a gara e si accalcarono verso la porta per uscire e, contemporaneamente, fare spazio per lasciar passare Valerì con la sua bambina. E con l’iconfondibile accento pugliese:- Signora, venga, si accomodi, come possiamo aiutarla, venga, venga. La bambina può distendersi come vuole-. Valerì è senza parole. Non sa cosa rispondere, presa in contropiede da tanta disponibilità. Vaneggia? Ha avuto un miraggio? Un’allucinazione? Si guarda intorno e lo scompartimento è vuoto, completamente a sua disposizione. Uno spazio esagerato, immenso. Nora Lisa ha facoltà di scegliere la posizione per riposarsi. Può distendersi completamente, togliersi di dosso, seppure in modo immaginario, quel peso ingombrante. Non sentire il gesso che ha un peso, quasi leggera come una piuma, dondolata dall’ondeggiare del treno che viaggia sui binari. Valerì riesce a malapena, con il groppo in gola, ad accennare farfugliando brevi frasi di ringraziamento: – Grazie. Sentite non c’è bisogno che vi alziate tutti, restate-. -: Signora, non si preoccupi, state tranquilla, distendetevi, non ce ne andiamo. Le faremo compagnia e se ha bisogno ci chiami. Diteci dove dovete scendere, vi avvisiamo quando è ora-. -: Noi dobbiamo scendere a Voghera-. Valerì non chiuse occhio. Nonostante le rassicurazioni non si fidava.
Ma quanta umanità.
Ognuno di quei ragazzi, a turno, si sedette vicino a lei, senza proferire parola. In silenzio e nel silenzio le furono vicina, senza lasciarla mai sola. E, se qualcuno, nelle fermate successive chiedeva posto, i ragazzi non diedero facoltà a nessuno di entrare nello scompartimento. Valerì conosceva la strada e nei pressi di Voghera si alzò, svegliò Nora Lisa che si era addormentata. -: Nora Lisa, svegliati mamma, dobbiamo scendere -. Ancora, due giovani, senza parole, aiutarono la bambina a tirarsi su, da sola sarebbe stata un’impresa rigida e pesante com’era. La sostennero, presero i bagagli delle passeggere dal retino e le accompagnarono lungo il corridoio verso l’uscita, nell’attesa che il treno si fermasse. Tutti. Due davanti come apripista e gli altri dietro come guardie del corpo. Lo stridore dei freni annunciava la fermata mentre lo speaker avvisava -: Stazione di Voghera. Il treno sette cinque nove proveniente da Lecce, diretto a Milano, al binario tre-. I ragazzi aprirono la portiera e in due scesero invitando Nora Lisa a fare attenzione, quasi l’abbracciarono per farla scendere da quegli scomodissini, retati scalini di metallo scivolosi e piccolissimi. La depositarono a terra delicatamente come fosse la persona più importante e preziosa al mondo. Poi fu la volta della valigia e infine tesero le mani a Valerì che timidamente si fece guidare per toccare il marciapiede.
Scesero tutti alla fine. Salutarono Nora Lisa, chi con un abbraccio, chi carezzandola sulle spalle, chi sfiorandole i capelli, guardandola negli occhi e sorridendo. Poi rivolgendosi a Valerì salutandola con una stretta di mano:- Signora, ci dispiace, non possiamo accompagnarla più in là, il treno riparte, dobbiamo andare, ma le facciamo tanti tanti, tanti auguri che sua figlia guarisca al più presto -.
Così dicendo risalirono e dopo nemmeno un attimo Valerì e Nora Lisa li videro tutti affacciati al finestrino dello scompartimento che accennavano con le mani segni di saluto. Nora Lisa che non aveva avuto il coraggio di spiccicare una parola, alzò il braccio in segno di risposta e restò a guardarli .
Il treno riprese lentamente la sua corsa e quei giovani rimasero affacciati al finestrino. Salutarono in continuazione, allungando sempre più le braccia per farsi scorgere, fino a che il treno non scomparve in lontananza e quelle braccia che salutavano si confusero con la nebbia e il nero della notte.
Quanta umanità, incontrata in tutte le sue declinazioni, in un treno per salire verso nord!
(Rosalina)