ALLORA
ALLORA
Veleggia il ricordo del tempo passato
Di piccole cose dal gusto incantato.
Natale era un grande avvenimento
Dopo l’attesa dell’avvento.
Era davvero festa d’amore,
festa in famiglia, festa del cuore.
C’era nell’aria quella sana allegria
Che odorava di bella compagnia…
Ora si vedono pacchi e regali
Ma le facce son tutte uguali.
La gioia pare un po’ avvilita
abbacchiata, quasi sciapita.
E’ scomparso il desiderare:
Tutto pronto, tutto appare.
Senza magie, solo modernità
Tanto spreco e vanità
Tutto ottimo per consumare
Ma l’amore non si può comprare.
I ricordi di Natale della mia infanzia sono vividi e coperti da un sottile velo di grande malinconia. Ricordo i nonni che ho conosciuto: "Mamma Rosa" e mio nonno Antonio chiamato da tutti "Tatà". Una moltitudine di cugini e zie che alla vigilia di Natale avevano un appuntamento irrimandabile. Andare a trascorrere la vigilia della notte di Natale a casa del nonno e guai a fare tardi! Nonno Antonio, Tatà, sornione e taciturno accanto al fuoco, con le tenaglie in continuo movimento ad arrostire le fatidiche castagne. Le centellinava, una ad una, rigirandole nella cenere per farle dorare uniformemente senza bruciarle e, contemporaneamente, come gioiellini le depositava nel cesto avvolgendole come in un abbraccio carezzevole in un sacco di tela di juta. E Mamma Rosa che instancabilmente faceva la spola tra la cucina e la soffitta con l’improcrastinabile frenesia di non far mancare mai sul tavolo mandarini, noci e tarallucci. I famosi "cellipieni" di cui ricordo il sapore, rigorosamente, di marmellata d’uva mista a noci tritate ed il profumo di quei minuscoli pezzettini di buccia di mandarino che davano al ripieno un sapore unico. E quella pasta nella quale era avvolta il ripieno, lievemente dorata, morbida e ricoperta d’un impalpabile zucchero a velo che si depositava sempre a mucchietto nel punto dove la pasta si intrecciava a canestro! Cellipieni, tutti, perfettamente uguali, nella cottura, nella forma, nella grandezza. Nella piccolissima saletta di Mamma Rosa, poi, non ne parliamo, che trambusto! Un tavolo che occupava tutta la lunghezza della stanza, pieno zeppo di cartelle di tombola, mucchietti di fagioli, monete, bucce di mandarino, arance, caldarroste, noci, bottiglie, bicchieri; insomma il tavolo scompariva sotto quella quantità di vettovaglie! Zii e cugini grandi a giocare a tombola sotto la direzione seriosa e compita di Tatà che, finito di arrostire le castagne, passava al tavolo da gioco assumendo il ruolo, riconosciuto ed incontrastato di capo gioco. E come lo sapeva fare! Calcolava in pochi attimi la posta della partita, a noi piccoli faceva gola persino l’ambo, ma raramente ne conquistavamo qualcuno. Pur avendo le cartelle da controllare, ci perdevamo in chiacchiere e giochi, diventando, puntualmente, scavezzacolli da richiamare in ogni momento. Guai se il richiamo veniva da Tatà, era il modo per zittirci di botto e significava che avevamo passato il segno! Per noi piccoli, mio fratello, io e tutti i cugini da 12 anni in giù, era riservato un piccolo tavolino basso e sgangherato, che ogni anno si sgangherava di più per via dei continui sottopassaggi per poter giocare ad acchiapparello ed andare in cucina a prendere ciò che si trovava sul tavolo. A noi di giocare a tombola importava poco, il bello era sempre rivedersi, rincontrarsi, raccontare di avventure personali e fantasie che, al momento, venivano così, ascoltando i grandi che si scambiavano notizie e battute sulle proprie esperienze di vita. E, con l’avvicinarsi di mezzanotte, nonna rinforzava il fuoco col ceppo natalizio che a me sembrava sempre gigantesco, generalmente di legno d’ulivo o quercia ed i grandi andavano a scaldarvisi vicino. Iniziavano qui le esternazioni canore dei miei zii canterini. Sapevano cantare splendidamente, voci femminili e maschili, considerando la presenza di almeno una decina di parenti (zii da parte di mia madre ne ho 6, per cui…). Canti tradizionali a 4 o 6 voci… Tu scendi dalle stelle, Alla fredda tua capanna, Astro del ciel, Fermarono i cieli… Forse da lì è nata la mia passione per il canto! Talmente cariche d’emozioni quei canti che, puntualmente, ogni volta che arriva Natale mi tornano in mente e i miei occhi si velano di gocce di malinconia.
(Rosalina)