Societa’ civile
Da un po’ di tempo a questa parte l’espressione "società civile" ricorre in modo sempre più insistente su carta stampata e mass-media. Chi e che cosa sarà mai questa "società civile"? Chi ha coniato questa definizione a chi o cosa voleva riferirsi? Provo a cercare soluzioni. Le due parole si trovano nei vocabolari certamente disgiunte una alla lettera s, una alla lettera c. Società uguale "unione di individui aventi scopi da raggiungere e rapporti reciproci tra loro". Civile uguale "del cittadino, in quanto fa parte di uno Stato". Non sono né linguista, né mastico epistemologia, né m’intendo di allitterazioni, ma ho l’impressione che ci sia quasi incongruenza nel mettere insieme le due parole. Afferiscono allo stesso medesimo concetto: rispetto di regole condivise. Allora civile è un rafforzativo! Devo dire che questa definizione l’ho sentita e letta nei commenti della cronaca politica, adoperata per indicare il popolo in genere. Popolo individuato nei cittadini "normali" (ho sentito anche la definizione "popolino"), cioè quelli che ogni giorno sentono le responsabilità di lavorare, che si spendono per tirare avanti, fare i conti con la fine del mese, preoccuparsi e lottare per il posto di lavoro, garantire il diritto allo studio ai figli, impegnarsi per crearsi un futuro migliore. E’ riferito anche a semplici persone o gruppi di persone che hanno e possono dare valore aggiunto: competenze, qualità, efficienza, efficacia nel loro campo di riferimento. Non ancora incontro questa definizione riferita a gruppi di economia, finanza, imprenditoria, o categorie industriali, farmaceutiche, professionistiche e quant’altro, insomma quella parte di società che comunemente è chiamata alta classe, intellighentia. Ma c’è una domanda che mi sorge spontanea: se la società civile è il popolo quella incivile qual’è? Con rammarico comincio a rispondermi attraverso le notizie a dir poco sconvolgenti che vanno in giro in questo ultimo periodo. Incredibile la quantità di scandali e scandalucci, maldicenze, pettegolezzi, illazioni, intercettazioni, diffamazioni e tutti che si agitano, scalpitano, minimizzano, promulgano epiteti e chiamano in causa il diritto alla difesa, al rispetto delle regole, alla privacy. Per forza che la società civile è il popolo, non ha tempo da spendere per esercitare la dialettica spicciola del mi sollazzo come mi pare. Mi sorge il dubbio che non venga così definito per essere solo adulato e quindi considerato come forza che va sommessamente tenuta a bada e contemporaneamente emarginata affinchè restino blindati meccanismi poco corretti per chi deve raggiungere mete machiavelliche. Certo la comunicazione che viaggia passando per tv, tv satellitari, web, quotidiani, riviste, magazine, pubblicità, non aiuta. Gli esperti sottolineano la spazzatura, ma ancora viene fuori nessun operatore ecologico che abbia la soluzione.
Divagazioni “dialettali”
LA MALAGGENTE
La Malaggente
‘mmezze a la vie, scialacquante,
cante le litanije de lu gnurante,
‘nciavaije chiacchiere de saputone
nghe l’arie presentose de signurone.
La Malaggente
fa promesse da cafone arevestite
e spute sintijenzije ‘nghe vocche e dite.
Se sciacque la lenghe senza sparagne
e a ogne fatte je trove la magagne.
La Malaggente
passe lu tempe a remuscegnà vendette
e se la pije pure ‘nghe la Maijellette.
A ogne pentone t’è pronte na currive e
se putesse te se magnesse vive vive.
A la Malaggente
je piace a tirà le frezze avvelenate…
Ma doppe j’arcasche ‘ngolle tutte trinciate.
Mo’ ha studiate e s’è modernizzate;
ce vò l’uocchije e le recchije schacchijate
pe nen finì arroste nghe le patate!
(Rosalina)