Laboratorio di clownerie con Boris Vecchio
TEATRANTI NEL PARCO
Progetto “ Drammaturgia e pratica teatrale”
Laboratorio, stage, incontri su drammaturgia, regia, recitazione e clownerie dell’Associazione culturale "Teatro di Gioia", a cui fa riferimento la Scuola Nazionale di Teatro diretta da Dacia Maraini.
Il paese che ha ospitato la prima lezione del corso Teatranti nel Parco è stato Pescina. Una scenografia all’aperto, ciottoli e cultura. E’ Ignazio Silone il rappresentante più illustre di questa terra. Scrittore che ha affrontato le tematiche del sociale all’interno della forma narrativa del romanzo letterario e portatore di tematiche contadine. Pescina, completamente rasa al suolo dal terremoto di Avezzano del 13 gennaio del 1915, 5000 morti su circa 6000 abitanti. Paese all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, attraversato dal fiume Giovenco principale affluente dei Canali del Fucino. Quasi guardata dall’alto, col suo castello medioevale e le sue fortificazioni. Paese ricco di storia, se ne percepisce l’atmosfera, il sapore, la dignità.
Accoglienza amichevole, dal primo istante, quasi che stessimo, ognuno di noi, aspettandoci l’un l’altro.
Un saluto a tutti, gli e le, pseudo-fanta-clown di Teatranti nel Parco ed al maestro Boris!
Donato, Antonella, Rosalinda, Anastasia, Gabriele, Gloria, Fabrizio, Luca, Chiara, Paolo, Carolina, Eugenia, Stefano, Giovanna, Ida. Ho dimenticato qualcuno, forse, non so. Chiedo scusa se di qualcuno mi sfugge il nome che non rintraccio nella mia memoria visiva, anche se guardo l’elenco! Ragazzi… non ho ancora scaricato tutta l’adrenalina accumulata nel laboratorio! Le nostre vite si sono attraversate, incontrate, dialogate. Non sono servite molte parole durante il laboratorio. E quelle fuori sono state intense, piene di senso profondo, di condivisione di pensiero, di anime in ascolto. Ascoltarsi per confermare a se stessi , scambiando solo in parte la vita di tutti i giorni, non era fondamentale, solo corollario. Quello che è passato, che ho sentito è andato ben oltre. Senza immaginare. Facendo, muovendo, guardando, divertendosi, giocando. Una irrefrenabile capacità di leggere negli occhi, immediatamente, le parole che vi erano scritte. Possibile se abbandoni dietro te ogni reticenza, resistenza, pensiero logico: libertà. Senso di libertà piena, che ti fa volare con la coscienza vigile e quasi taumaturgica, che ti avvolge e conduce lungo una strada che potrebbe andare all’infinito.
Boris Vecchio! Insospettabile! Un vulcano in eruzione. Lava infuocata che farebbe scoppiare qualunque termometro scientificamente studiato. – Ragazzi, siamo qui per divertirci!- Un modo delicato di porsi, intrecciato di genialità attoriale, in connubio continuo fra intenzionalità della regia, modernità dell’idea, tradizionalità del personaggio clown. Boris Vecchio che racconta di sè; dell’eccesso, dell’assurdo, del paradosso, dell’esagerazione del gesto da cui nasce la comicità del pagliaccio. Sempiterno scanzonato, o malinconico, o beffardo, o grottesco. Essere che sa raccontare, solo col corpo. Boris Vecchio che descrive il clown come persona che, consapevolmente, ma lo sa soltanto lui, riesce a trasformare in gesto ludico qualunque condizione. In immediata risposta, senza ricorrere al linguaggio verbale. Bisogna cercare in sè, dentro, il ritmo. Ritmo che scandisce la gestualità, non le battute! Ritmo che dà significato ad una storia, con un inizio scandito ed un finale da costruire in divenire! E lo trovi se ascolti il corpo e ti avvicini all’altro che partecipa come antagonista o come pubblico, al finale della storia. Ritmo incalzante, ricorrente, personale che per magia diventa di tutti. C’è un momento nel quale il ritmo diventa unico. E’ lì la soluzione. L’unicità del ritmo dà la complessità della coordinazione all’ascolto. C’è un ascolto contemporaneo, che attraverso il senso dell’udito, proviene e rimanda dentro di noi e si proietta all’unisono.
Una lezione di teatro, superlativa, quella di Boris Vecchio.
Per una come me, che viaggia per emozioni, ha significato andarci letteralmente a nozze. Proprio teatrante nel parco. Con Boris Vecchio insegnante, maestro vero e proprio di clownerie. Ma che vi credete clownerie! Mica avere il pallino rosso sul naso? Lo schiaffo, le cadute, le acrobazie, gli appoggi mancati, inciampare! Ce ne vuole, prima di arrivare al naso rosso! Voi credete tutto a caso! Nemmeno per sogno. Non c’è niente di scritto, nessuna partitura. La partitura migliore, la più insperata, inaspettata, meravigliata: il corpo. Porto addosso e solo adesso sento, dopo aver fermato il fermento, le emozioni che ancora salgono, vengono a galla e non vorrebbero ancora fermarsi. Nella tensione del gesto e della coordinazione temporale, non fai in tempo a gustare pienamente le sensazioni.
Gli occhi. Gli occhi sono lo spazio, prendono lo spazio, lo catturano, lo fissano, lo mantengono, lo trasportano. Nello stesso tempo il corpo lo segue, improvvisamente, quasi, senza soluzione di continuità. E gli altri, intorno, non sono assolutamente sconosciuti. Diventano parte di te, integrale e quando li cerchi sai che una risposta comunque ci sarà; mai l’indifferenza, mai la sudditanza. Rapporto paritario di mente e corpo che libera il gioco mentale della fantasia, in uno scambio continuo di relazione condivisa. Un ritmo che non deve mai mancare. Il ritmo che dà i tempi dell’azione. E più il ritmo è preciso, più il tempo assorbe il gesto e lo trasforma in un altro, in un altro e in un altro ancora, con un botta e risposta che costruisce una scena che non hai mai pensato di inventare, interpretare, decodificare. Il corpo, sconosciuto linguaggio che parla prima delle parole. Una compagnia che si diverte, che ha il piacere ad incontrarsi nell’attesa, breve, di uno schiocco di dita. E di nuovo ritorni a viaggiare con lo sguardo che ti dà la misura del gesto.
Restano sensazioni, emozioni, restano assorbite ed arricchite da nuove possibilità, consapevolezze piene di un incontro fra persone. Feeling invisibile fra teatro ed umanità i Teatranti nel Parco!
Ha dichiarato Boris Vecchio: "Nei panni del pagliaccio mi trovo bene, naturalmente parlo dell’accezione positiva del termine", specifica. E con cognizione di causa, di questi tempi i buffoni sono altri, sono molti, non stanno in teatro nè al circo e non fanno ridere. Sulla risata si regge il "gioco" del clown, supportato dal paradosso e dall’abilità di trasformare uno stato d’animo in un pezzo teatrale: "Amo il clown che si muove sul palcoscenico, dilatando il gesto, spostandolo al nonsenso grazie all’uso del suo corpo e degli oggetti, utili a raccontare una storia, la sua storia".
Divagazione Poetica
ISTINTIVA – MENTE
Sguardi di occhi
cercati.
Nell’istante
di un momento,
un’intera parte,
del tutto.
(Rosalina)