Alba
Lontano, laggiu’ sul limite dell’orizzonte, una flebile, lievissima luce rosacea segnava il confine fra cielo e mare. Li’ voleva essere, li’ voleva arrivare. Li’, perche’ quella sottile linea di luce ad ogni secondo diventava più intensa, piu’ raggiante, piu’ … Quel cielo dapprima oscuro, andava illuminandosi come lo sguardo di chi ama. Come lentamente, ma inesorabilmente, la luce dell’affetto si spande a macchia d’olio fin nella piu’ piccola molecola, fin nel piu’ piccolo atomo, fin nella piu’ piccola particella subatomica di cui e’ fatto l’uomo. Li’ le nuvole si specchiavano nel chiarore dell’alba e le sfumature di arancio erano come fuoco che arde, che brucia, che scalda un cuore ferito. Li’ i gialli dorati investivano il mondo, travolgendo l’oscurita’ della notte. Li’ il blu era piu’ blu e la esile fascia biancastra che lambiva la battigia annunciava lo scorrere del tempo e l’arrivo di un altro giorno. Li’ all’improvviso s’affaccio’, quasi timorosa, una sfera sfavillante… lasciava dietro se’ una scia violacea, come se provasse dolori atroci nel venire al mondo. Era mutevole, sembrava si dimenasse, s’attorcigliasse, si dibattesse e, alla fine, venne completamente fuori, di un rossore imperioso. Intanto gli occhi scoprirono un’acqua non piu’ torbida, ma dolcemente immensa, carezzevole, increspata di piccoli sorrisi che si spegnevano a contatto con la sabbia. Nel silenzio piu’ assoluto, cielo e mare avevano rinnovato il loro eterno amore in un incontro appassionato di colori travolgenti. Li’ voleva essere, li’ voleva arrivare, ma si sarebbe consumato tutto in pochi attimi e non le sarebbe bastato per colmare i vuoti nella tavolozza cromatica dell’esistere. Aspettare domani per un’altra pennellata di emozione? Tentare di volare per catturare l’aurora? Si… Sognare? No, solo immagini in un batter di ciglia che attraversavano fugacemente un lampo di vita.
Divagazioni "poetiche"
IMPERCETTIBILE ATTIMO
Nella passione della sera
s’ode un richiamo penetrante,
ardente, sconvolgente.
Viaggia per cime tormentate,
valli dolcemente sinuose,
risale arditi dirupi
scende scoscese scarpate.
Si ferma, infine, esausto.
Sopraggiunge
una sconfinata tenerezza
che, con diafane carezze,
delicatamente si adagia
nei soffici prati
della quiete profonda.
Così, l’ebrezza del richiamo
placidamente tace.
(Rosalina)