La musica seriale o dodecafonica
Come gli altri compositori del tempo, anche Schönberg avvertì dopo l’esperienza del suo Pierrot Lunaire l’urgenza di dare un ordine, una disciplina al linguaggio atonale ormai svincolato dalle vecchie regole. Anziché ritornare alle forme classiche preferì cercare una direzione completamente nuova. Fu così che, dopo anni di lavoro, annunciò nel 1923 la nascita del suo metodo di composizione con dodici note.
Il serialismo o dodecafonia, come fu definito il nuovo metodo, parte da un presupposto abbastanza semplice. Invece che su una tonalità, la composizione si sviluppa su una serie. I dodici suoni della gamma cromatica vengono organizzati in una serie che, liberamente concepita dal compositore, costituisce la matrice dell’intera opera.
La serie rappresenta dunque il principio ordinatore di tutta la costruzione musicale: ciò che un tempo erano stati il modo e la tonalità. Regola inderogabile del metodo: nella serie non vi possono essere suoni uguali ripetuti ma devono obbligatoriamente comparire tutti i dodici suoni della gamma cromatica. Queste serie precostituite possono esse trasposte, rovesciate, proposte per un moto retrogrado, variate nel ritmo ecc. e fornire così al compositore un materiale ricco di possibilità costruttive.
Siamo apparentemente in un terreno neutro che a tutta prima si presenta come quello di un’apparente anarchia musicale. In realtà la musica seriale obbedisce a leggi molto severe che, per molti aspetti, ricordano il rigore dei maestri fiamminghi del Quattrocento e del Cinquecento. L’inerte sequenza dei dodici suoni riceve vita dalla fantasia ritmica, dalla tessitura melodica e armonica, dai contrasti e dalle amalgame dei timbri diversi.
Al suo apparire, la musica seriale, fu accolta da fieri contrasti. Ancor oggi, al nostro orecchio esercitato alle cadenza dall’armonia tonale, l’atmosfera dodecafonica può suonare aridamente dissonante. Alcuni hanno accusato la composizione seriale di puro cerebralismo, altri ritengono addirittura che oil metodo, anziché ampliare, restringa le possibilità espressive del linguaggio musicale.
In ogni caso la musica seriale ha prodotto opere di indubbio valore. Accanto a quelle del suo creatore, di cui ricordiamo le Variazioni op. 31 (1927), Un sopravvissuto di Varsavia (1947), Moses und Aaron (incompiuto), sono importanti il melodramma Lulù di Alban Berg (1885-1935), La Sinfonia op. 21 per orchestra e le Variazioni in un tempo di Anton Webern (1883-1945).
L’impiego della nuova tecnica rimase inizialmente limitato alla cerchia della cosiddetta Scuola di Vienna – Schönberg e i suoi allievi, Berg e Webern e pochi altri – ma a poco a poco fu accolto e sperimentato, sotto forme diverse, da altri compositori tra cui lo stesso Igor Stravinskij e gli italiani Luigi Dallapiccola (1904-1975) e Luigi Nono (1924-1990).