Rudolf Nureyev
Rudolf Nureyev
Il giorno dell’Epifania, 6 gennaio 2013, è ricorso il ventennale della morte di Rudolf Nureyev considerato dalla critica il più grande ballerino dell’ultimo secolo.
Rudolf Nureyev è stato uno dei ballerini più talentuosi e celebri della storia della danza.
Un uomo ribelle e appassionato, sebbene i suoi esordi nel mondo dell’arte professionale siano arrivati non prestissimo; sempre con la passione della danza, usando l’anima in ogni sua interpretazione, motivo questo che lo fece così tanto adorare dal pubblico ed esaltare dalla critica.
Rudolf Nureyev nasce il 17 marzo 1938 a Irkutsk, Unione Sovietica.
La sua nascita avviene in un modo e in un luogo veramente unici,… in treno, durante un viaggio che sua madre intraprese fino a Vladivostok per vedere suo marito.
La sua immensa passione per la danza sboccia già da bambino quando viene incoraggiato dai genitori a ballare danze popolari nel piccolo paese dove abita, un’arte coltivata anche durante l’adolescenza, ma che a causa della seconda guerra mondiale , non gli permette di iniziare la prima serie di studi di balletto classico.
Vanta il più alto numero di chiamate in proscenio, fra durante gli spettacoli e alla fine … ben 83.. finora eguagliato da nessuno nello spettacolo.
Personaggio eclettico, da danzatore a coreografo, attore (interperetò anche il ruolo di Rodolfo Valentino da protagonista in un film che ricordava l’attore), cantante, direttore d’orchestra, fino ad essere Direttore dell’Opera di Parigi.
Una vita rocambolesca, una odissea, sregolata e fuori dalle righe sia a livello artistico che umano. La sua biografia è come un romanzo di mille avventure. Divenuto ricchisimo tanto da possedere persino un’isola di fronte a Positano, molte volte si trovò a combattere contro il bigottismo imperante dei suoi tempi.
Un ballerino però che ha rivoluzionato la danza. Ha ballato tutti gli stili dal classico al moderno, collaborando con i più grandi coreografi del mondo della danza, come Roland Petit e Maurice Bejart, affascinato dal desiderio di conoscenza della danza come forza espressiva di anima e corpo.
Roberto Bolle che, in un incontro all’età di 15 anni con Rudolf Nureyev cambiò la sua vita, in una intervista rilascita a Pierachille Dolfini, sul quotidiano Avvenire di qualche giorno fa dichiara: << Nureyev, ha riscritto la storia della danza… la grande lezione di Rudolf Nureyev è che, oltre a essere stato il grande ballerino che ha entusiasmato le platee di tutto il mondo, è stato un coreografo che ha impresso una svolta epocale alla danza dando dignità e importanza ai ruoli maschili: con lui il balletto non è più solo grazia e delicatezza, ma diventa anche esaltazione della forza e della potenza. Un regalo che ha fatto a noi danzatori di oggi, valorizzando mai come nessuno, né prima né dopo lui, la danza maschile >>.
L’ultima volta che Rudolf Nureyev si presenterà in pubblico sarà il 1992, al Palais Garnier di Parigi, e verrà investito del titolo di Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere , una della più grandi distinzioni culturali della Francia. Nella stessa serata gli verrà tributata la sua ultima è più lunga standing ovation.
Alcuni mesi dopo, il 6 gennaio 1993, muore all’età di 54 anni, nel suo appartamento di Parigi
Celebre, perchè scritta pochi mesi prima della sua morte, la sua lettera alla danza, , che resta quasi testamento del suo vivere, dentro e fuori, con e per la danza.
Lettera alla danza
"Era l’odore della mia pelle che cambiava, era prepararsi prima della lezione, era fuggire da scuola e dopo aver lavorato nei campi con mio padre perché eravamo dieci fratelli, fare quei due chilometri a piedi per raggiungere la scuola di danza.
Non avrei mai fatto il ballerino, non potevo permettermi questo sogno, ma ero lì, con le mie scarpe consumate ai piedi, con il mio corpo che si apriva alla musica, con il respiro che mi rendeva sopra le nuvole. Era il senso che davo al mio essere, era stare lì e rendere i miei muscoli parole e poesia, era il vento tra le mie braccia, erano gli altri ragazzi come me che erano lì e forse non avrebbero fatto i ballerini, ma ci scambiavamo il sudore, i silenzi, a fatica. Per tredici anni ho studiato e lavorato, niente audizioni, niente, perché servivano le mie braccia per lavorare nei campi. Ma a me non interessava: io imparavo a danzare e danzavo perché mi era impossibile non farlo, mi era impossibile pensare di essere altrove, di non sentire la terra che si trasformava sotto le mie piante dei piedi, impossibile non perdermi nella musica, impossibile non usare i miei occhi per guardare allo specchio, per provare passi nuovi. Ogni giorno mi alzavo con il pensiero del momento in cui avrei messo i piedi dentro le scarpette e facevo tutto pregustando quel momento. E quando ero lì, con l’odore di canfora, legno, calzamaglie, ero un’aquila sul tetto del mondo, ero il poeta tra i poeti, ero ovunque ed ero ogni cosa. Ricordo una ballerina Elèna Vadislowa, famiglia ricca, ben curata, bellissima. Desiderava ballare quanto me, ma più tardi capii che non era così. Lei ballava per tutte le audizioni, per lo spettacolo di fine coso, per gli insegnanti che la guardavano, per rendere omaggio alla sua bellezza. Si preparò due anni per il concorso Djenko. Le aspettative erano tutte su di lei. Due anni in cui sacrificò parte della sua vita. Non vinse il
concorso. Smise di ballare, per sempre. Non resse la sconfitta. Era questa la differenza tra me e lei. Io danzavo perché era il mio credo, il mio bisogno, le mie parole che non dicevo, la mia fatica, la mia povertà, il mio pianto. Io ballavo perché solo lì il mio essere abbatteva i limiti della mia condizione sociale, della mia timidezza, della mia vergogna. Io ballavo ed ero con l’universo tra le mani, e mentre ero a scuola, studiavo, aravo i campi alle sei del mattino, la mia mente sopportava perché era ubriaca del mio corpo che catturava l’aria.
Ero povero, e sfilavano davanti a me ragazzi che si esibivano per concorsi, avevano abiti nuovi, facevano viaggi. Non ne soffrivo, la mia sofferenza sarebbe stata impedirmi di entrare nella sala e sentire il mio sudore uscire dai pori del viso. La mia sofferenza sarebbe stata non esserci, non essere lì, circondato da quella poesia che solo la sublimazione dell’arte può dare. Ero pittore, poeta, scultore. Il primo ballerino dello spettacolo di fine anno si fece male. Ero l’unico a sapere ogni mossa perché succhiavo, in silenzio ogni passo. Mi fecero indossare i suoi vestiti, nuovi, brillanti e mi dettero dopo tredici anni, la responsabilità di dimostrare. Nulla fu diverso in quegli attimi che danzai sul palco, ero come nella sala con i miei vestiti smessi. Ero e mi esibivo, ma era danzare che a me importava. Gli applausi mi raggiunsero lontani. Dietro le quinte, l’unica cosa che volevo era togliermi quella calzamaglia scomodissima, ma mi raggiunsero i complimenti di tutti e dovetti aspettare. Il mio sonno non fu diverso da quello delle altre notti. Avevo danzato e chi mi stava guardando era solo una nube lontana all’orizzonte. Da quel momento la mia vita cambiò, ma non la mia passione ed il mio bisogno di danzare. Continuavo ad aiutare mio padre nei campi anche se il mio nome era sulla bocca di tutti. Divenni uno degli astri più luminosi della danza.
Ora so che dovrò morire, perché questa malattia non perdona, ed il mio corpo è intrappolato su una carrozzina, il sangue non circola, perdo di peso. Ma l’unica cosa che mi accompagna è la mia danza la mia libertà di essere. Sono qui, ma io danzo con la mente, volo oltre le mie parole ed il mio dolore. Io danzo il mio essere con la ricchezza che so di avere e che mi seguirà ovunque: quella di aver dato a me stesso la possibilità di esistere al di sopra della fatica e di aver imparato che se si prova stanchezza e fatica ballando, e se ci si siede per lo sforzo, se compatiamo i nostri piedi sanguinanti, se rincorriamo solo la meta e non comprendiamo il pieno ed unico piacere di muoverci, non comprendiamo la profonda essenza della vita, dove il significato è nel suo divenire e non nell’apparire. Ogni uomo dovrebbe danzare, per tutta la vita. Non essere ballerino, ma danzare.
Chi non conoscerà mai il piacere di entrare in una sala con delle sbarre di legno e degli specchi, chi smette perché non ottiene risultati, chi ha sempre bisogno di stimoli per amare o vivere, non è entrato nella profondità della vita, ed abbandonerà ogni qualvolta la vita non gli regalerà ciò che lui desidera. È la legge dell’amore: si ama perché si sente il bisogno di farlo, non per ottenere qualcosa od essere ricambiati, altrimenti si è destinati all’infelicità. Io sto morendo, e ringrazio Dio per avermi dato un corpo per danzare cosicché io non sprecassi neanche un attimo del meraviglioso dono della vita… "
RUDOLF NUREYEV
I grandi teatri d’opera ricordano Rudolf Nureyev nel ventennale della scomparsa, in tutto il mondo.
Si parte con l’Opera di Parigi e la ‘Soiree d’hommage a Rudolf Nureyev’ (6 marzo 2013). Sempre in Francia all’Opera di Bordeaux in programma una creazione originale, ‘Quatres tendences’ dedicata al tartaro volante ( 16-25 marzo). Al Teatro ‘Chatelet’ sara’ invece ospite il Balletto dell’Opera di Vienna con una serata di gala (4-6 giugno), nella stagione dell’Opera ritorna ‘Don Chisciotte’ nella versione Nureyev (23-27 luglio), mentre in autunno verra’ inaugurato, sempre a Parigi, uno spazio (‘Lieu de Memoire’) dedicato al grande danzatore russo.In Inghilterra l’English National ballet ricordera’ Rudolf Nureyev attraverso tre balletti.
Petruska’ di Fokine, ‘Chant du compagnon errant’ di Maurice Bejart, il terzo atto da ‘Raimonda’, rimontato dallo stesso Nureyev dall’originale di Petipa (Coliseum di Londra, dal 25 al 27 luglio).
La compagnia del Royal Ballet di Londra avra’ in programma ‘Raimonda’ (fino all’11 gennaio) e ‘Marguerite et Armand’ (dal 12 febbraio), mentre negli spazi della Royal Opera House verra’ allestita una mostra dedicata al grande fuoriclasse russo.
In Italia solo la Scala di Milano ricordera’ il ventennale della scomparsa di Rudolf Nureyev con ‘Il lago dei cigni’ in scena al Piermarini a giugno (17-24 luglio) e ottobre (14 -18).
In Russia sara’ il Balletto del Teatro del Kremlino di Mosca ad omaggiare uno dei suoi piu’ illustri figli con ‘Cenerentola’ in agenda a settembre. Gran gala Nureyev a Vienna con il Balletto del Teatro dell’Opera di Vienna (29 giugno).
La citta’ di San Francisco organizza una mostra di abiti e costumi di scena, ‘A life in dance’ (fino al 17 febbraio).
Il San Francisco Ballet sara’ in scena con il III atto da ‘Raimonda’ (dal 9 aprile). Ed a proposito di mostre da non perdere in Italia la mostra milanese, nella sede della Fondazione Luciana Matalon dedicata al divo russo. Fotografie, filmati, costumi e memorabilia per raccontare il volto piu’ privato del ballerino a cura di Luigi Pignotti, suo storico manager, Margherita Reboletti, in collaborazione con la Rudolf Nureyev Foundation.
Famosissimo il sodalizio artistico con Margot Fonteyn, ma ha ballato con Carla Fracci e tutte migliori ballerine del suo periodo.
Video qui: https://www.youtube-nocookie.com/watch?v=NsEEEtLavNw
Fonti dal Web
(Rosalina)