L’ anno che verrà – Lucio Dalla
L’anno che verrà di Lucio Dalla è una canzone cult, entrata di diritto nell’immaginario collettivo di più di una generazione. Già dal conosciutissimo incipit “Caro amico ti scrivo”, dichiara la sua dimensione epistolare, inconsueta per una canzone moderna.
In questa lettera a un amico lontano, quelle che sembrano divagazioni e riflessioni private acquistano un significato a tratti politico, inteso come partecipazione ai problemi e alle angosce e speranze di tutti. Molti i temi affrontati: l’incapacità di comunicare, il desiderio di una vita libera, il grande bisogno di poter continuare a sperare.
L’anno che verrà ne ha molta di profondità. Stando sul semplice, potremmo dire che parla di un amico che abita in un paese dove c’è una guerra (i sacchi di sabbia alla finestra servono per non far scoppiare i vetri durante i bombardamenti), che spera finisca presto e immagina un mondo diverso per continuare a sperare.
Quindi in questo senso l’anno che verrà fa parte delle canzoni contro la guerra.
Ma se vogliamo scavare un po’ di più.. la canzone è del 1978. In Italia corrispondeva a quelli che sono chiamati “anni di piombo”, l’Italia era in costante tensione, in uno stato di guerra inconscia, c’erano attentati, rapimenti, problemi politici (strage di piazza fontana, brigate rosse, strage di piazza della loggia, di via fani ecc.. e il 1977 è l’anno della svolta violenta). Le idee rivoluzionarie del ’68 si erano concluse in questo stato di terrore.
L’Italia in quegli anni di piombo cavalcava un’inflazione superiore al 20%, ma Lucio Dalla non lancia invettive o polemiche a buon mercato: la lingua e lo stile sono quelli di un grande autore, capace di emozionare e divertire, sempre al confine tra la metafora e la realtà.
Lucio Dalla scrive a un amico. L’anno che verrà, infatti, ha avuto molto successo perché usa un linguaggio intimo, quando si ascolta sembra davvero di essere l’amico a cui Dalla scrive. Parla delle speranze per un cambiamento futuro, l’anno è già finito e ne è iniziato un altro ma il cambiamento tanto atteso non si è verificato. La canzone ad un certo punto sembra parlare di un cambiamento lontano nel tempo, soprattutto di mentalità. Implicitamente e forse aggirando la censura che a quei tempi era molto rigida si mette in discussione il celibato dei preti (anche i preti potranno sposarsi), si introduce la libertà sessuale (e si farà l’amore, ognuno come gli va), si parla di chi non può dire la sua, si parla dei cretini e dei troppo furbi che dovrebbero sparire.
L’anno che verrà parla di uno stato di oscurità, paura, dolore, incomprensione (i sordi parlano, cioè ha voce chi non sa ascoltare) che poi si trasforma diventando libertà, luce, colore, festa, abbondanza, liberazione dal dolore (ogni Cristo scenderà dalla croce), giustizia (i muti potranno parlare, cioè chi ora non può parlare perchè è zittito lo potrà fare, i troppo furbi spariscono)
Ma è un’illusione infatti Lucio Dalla dice
“vedi caro amico cosa si deve inventare
per poterci ridere sopra,
per continuare a sperare”
cioè attraverso la scrittura, inventando il futuro, cerca di superare l’oscurità presente.
Un testo poetico che sta fra le ombre di Edgard Allan Poe, il verismo, l’ermetismo, il futurismo il postmoderno letterario. Come fosse stata ispirata da una onirica fantasia, visionaria, da veggente.
La forza di questa canzone è la possibilità di calarcisi dentro, a qualsiasi fede politica o religiosa si appartenga, senza distinzione. Una canzone universale, L’anno che verrà, che ottiene un successo strepitoso e diventa un evergreen.
La melodia è semplice, accattivante, spesso ironica. L’anno che verrà appartiene al filone delle ballate popolari di Lucio Dalla (in altri tempi si sarebbero definite “ballate folk”), tra cui troviamo alcuni brani più riusciti del cantautore, da 4 marzo 1943 a La casa in riva al mare, da Caruso a Canzone.
Registrata allo Stone Castle, notissimo studio di registrazione in Brianza, con gli arrangiamenti di Giampiero Reverberi e con la collaborazione di Ron al pianoforte, Ricky Portera alla chitarra, Marco Nanni al basso e Giovanni Pezzoli alla batteria, L’anno che verrà chiude il decennio degli anni ’70 con un segno di speranza, e chiude l’album Lucio Dalla, un album “storico” per la musica italiana, rimasto per più di due anni nella classifica dei 33 giri più venduti.
Ne ha parlato anche Vecchioni a Che tempo che fa, da Fabio Fazio, su Rai3
Video e testo:
(Rosalina)