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  • L’ Illuminismo e il periodo classico

L’ Illuminismo e il periodo classico

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  • Date 7 Novembre 2012
Gli Enciclopedisti - promotori della rivoluzione culturale dell'Illuminismo -

La seconda metà del Settecento conosce un’autentica rivoluzione di pensiero e di idee. Le recenti scoperte nel campo della fisica, della meccanica, dell’astronomia hanno letteralmente rivoluzionato la scienza della natura, non solo,

ma hanno anche creato un contesto nel quale le vecchie classi sono costrette a cedere il passo all’avanzare di una nuova società. La rivoluzione industriale, propiziata dalla scoperta dell’elettricità e da invenzioni quali la macchina a vapore e il filatoio meccanico, favorisce la nascita di una nuova classe di famiglie economicamente potenti.

A questo fenomeno si accompagna la diffusione di nuovi ideali e di nuove passioni – l’esaltazione dell’indagine empirica, gli entusiasmi per la nascente tecnica, il culto del progresso e il cosmopolitismo –, di cui si discute non solo nelle corti, ma anche e soprattutto nei ritrovi degli artisti e dei letterati, nei caffè e nei salotti borghesi. Dai resti del formalismo seicentesco riaffiora la cultura filosofico-scientifica rinascimentale, fortificata da un’intensa attività d’indagine e di studio.

Il pensiero illuminista La rivoluzione di vita, di mentalità e di pensiero, lo spirito generale che “illumina” tutta la cultura di questo periodo si chiama appunto Illuminismo. Alla base dell’Illuminismo sta il concetto di ragione, vista come un principio di critica della tradizione e di rinnovamento del mondo. Gli illuministi, che condividono queste nuove idee, si sentono investiti del compito di promuovere forme di vita più perfette, e a tal fine puntano alla massima diffusione della cultura.

Anche la musica fa propri gli ideali di equilibrio, di eleganza, di serena bellezza dell’arte classica. Nasce così in questo periodo la più classica delle forme musicali: l’allegro di sonata, o forma sonata, fondata non solo sull’originalità, la bellezza, il carattere dei temi, ma anche e soprattutto sulla perfetta geometria della sua architettura.

La nascita e l’affermazione di questa forma e con essa il crescente sviluppo della musica strumentale sono favoriti da tre importanti fattori:
– l’invenzione di nuovi strumenti musicali (pianoforte, clarinetto ecc.) e il perfezionamento dei vecchi (oboe, corno ecc.) soprattutto nella parte meccanica;
– il conseguente progresso tecnico degli esecutori, favorito appunto dal maggior grado di perfezione degli strumenti;
– il nascere di una vera e propria scuola dell’orchestrazione, che studia anche le possibilità “coloristiche” di ciascun timbro o gruppo di timbri.

A Mannheim, in Germania, grazie al mecenatismo del principe Carlo Teodoro, si costituisce la più celebre orchestra del secolo. Si tratta di un complesso strumentale di eccezione, non solo per le dimensioni, ma anche perché il generoso trattamento economico assicurato dal principe attrae nelle sue file i migliori esecutori d’Europa. Direttore è il boemo Jan Antonin Stamitz (1717-1757), violinista, autore di numerosi trii e creatore di quella che passerà alla storia come la Scuola di Mannheim, la culla dove prende forma la tecnica sinfonica moderna.

A Milano Giovanni Battista Sammartini (1701-1775), compositore fecondo e originale, dirige un’orchestra la cui formazione, sebbene in dimensioni più modeste, si avvicina molto a quella di Mannheim. A Sammartini, autore di numerose composizioni strumentali, viene attribuito lo schema in quattro tempi della sinfonia moderna, con la classica forma bitematica e tripartita del primo tempo, che egli avrebbe concepito e realizzato fin dal 1750.

Nello stesso periodo, il violoncellista Luigi Boccherini (1743-1805) fonda il primo quartetto stabile e crea le basi per una scuola del moderno stile quartettistico. Nella sua copiosa produzione figurano 54 trii, 97 quartetti, 150 quintetti e 18 sestetti il cui stile, ricco di spunti melodici, di grazia e di arguzia settecentesche, non mancherà di lasciare una traccia anche in quello successivo di Franz Joseph Haydn.

A Padova fa scuola di composizione, ma anche di teoria musicale, il prodigioso violinista Giuseppe Tartini (1692-1770). Delle sue 50 sonate per violino celebre è quella intitolata Il trillo del diavolo. Egli è autore inoltre di 130 concerti e di un’opera teorica fondamentale, il Trattato di musica secondo la vera scienza dell’armonia, in cui sostiene che tutta la musica è governata da leggi naturali e deve i suoi principi ordinatori a una ben precisa logica matematica.

Il pianoforte, realizzato nel 1711, costituisce un altro punto di partenza per ulteriori innovazioni in campo musicale. Il passaggio dallo stile clavicembalistico, garbato, salottiero, un po’ freddo, a quello più eloquente ed espressivo del nuovo strumento, e il nascere di una nuova scuola, hanno inizio in questo periodo per merito soprattutto di Muzio Clementi (1752-1832), brillante esecutore e compositore. Prende le mosse con lui la moderna tecnica pianistica e alla sua scuola si formano allievi come il tedesco Friederich Kalkbrenner (1785-1849) e il francese Herry Bertini (1798-1876).

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