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La scuola di Notre Dame

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  • Date 11 Settembre 2012
Portale della Vergine della Cattedrale di Notre Dame a Parigi

Sino al X secolo, quando compaiono le prime semplici combinazioni di due o più parti vocali, sia la musica sacra sia quella profana rimangono sostanzialmente limitate alla pura monodia.

La polifonia, l’arte cioè di comporre diverse linee melodiche sovrapposte in modo da ottenere un insieme armonico, fu il risultato di scoperte successive maturate durante un lungo periodo di esperienze, alle quali l’invenzione della notazione era destinata ad apportare un contributo decisivo.

Nei primi esempi di canto polifonico due voci eseguivano la stessa melodia, intonandola però su due altezze diverse, separate in genere da un intervallo di quarta o di quinta. Questa pratica – detta diafonìa – rispondeva all’esigenza di combinare voci di registro diverso, per esempio bassi e tenori, che avrebbero trovato difficoltà a cantare in ottava oppure all’unisono perché una delle due parti sarebbe risultata troppo acuta oppure troppo bassa. Il risultato erano due linee melodiche perfettamente parallele che procedevano per moto congiunto. Gradualmente si passò al moto contrario, nel quale le voci procedevano invece in direzioni opposte, avvicinandosi e allontanandosi, al fine di creare una certa varietà nella successione degli intervalli. Con questa pratica – detta discanto – le parti, pur mantenendo un andamento ritmico uguale, cominciarono a differenziarsi e a divenire melodicamente indipendenti. Questi primitivi modelli di canto polifonico presero il nome di organa.

Le prime importanti forme di organa trovarono il terreno fertile per il loro sviluppo a Parigi, presso la schola cantorum della Cattedrale di Notre Dame, allora in costruzione.

Creatori e direttori della Scuola di Notre Dame, destinata ad aprire la via al grande sviluppo della polifonia del Quattrocento e del Cinquecento, furono Leonin – attivo presubilmente tra il 1160 e il 1190 – e Perotin, che gli succedette continuandone l’opera fino al 1230 circa.

Per quanto il tessuto armonico di queste composizioni possa suonare duro e scarno al nostro orecchio, è già presente in esse un’organizzazione delle parti che si distingue dagli antichi organa medioevali. Leonin e Perotin e i loro successori della Scuola di Notre Dame lasciarono numerose composizioni polifoniche a due, tre e più voci. Le forme più importanti furono:

il conductus, un canto processionale concepito di norma su strofe ritmiche latine, solitamente a due, più raramente a tre;

il rondellus, generalmente di carattere profano, così chiamato perché l’andamento delle parti era fondato sulla tecnica dell’imitazione (rondellus dal francese rondeau, ovvero ruota, per indicare il “ruotare” del motivo da una voce all’altra);

il motetus, dal francese mot, “parola”, italianizzato poi in mottetto. Il mottetto era originariamente besato su un canto gregoriano, il tenor, cui veniva sovrapposto un altro canto con parole diverse – spesso di contenuto profano – detto appunto motetus. A questi due canti poteva aggiungersene un altro, il triplum, e in alcuni casi anche un quarto, il quadruplum. Spesso il tenor non era cantato ma eseguito da uno strumento.

Carta d’identità delle prime forme polifoniche della Scuola di Notre Dame

dapprima a due parti trattate a “moto congiunto” (diafonia) e poi a “moto contrario” (discanto); forme più evolute a tre e anche a quattro parti;

fondate su can gregoriano e quindi modali;

prevista una parte strumentale nel mottetto;

ritmo libero, come nel canto gregoriano, nelle forme a due voci, misurato in quelle a tre e quattro voci;

melodie che procedono per intervalli piccoli, come nel canto gregoriano;

melodie che si sviluppano generalmente entro una estensione limitata;

testi in latino e in volgare;

forme di struttura definita.

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