La musica in Israele
Le origini storiche del popolo d’Israele sembrano collocarsi intorno al XIII secolo a.C., quando tribù nomadi, stabilitesi nella terra di Canaan – la Palestina – diedero avvio alle vicende di una nuova singolare nazione.
Retto dapprima da giudici e da piccoli tiranni, il primitivo organismo politico si trasformò rapidamente in monarchia, avendo contatti continui – e in molti casi relazioni profonde – con le già evolute civiltà della Mesopotamia e dell’Egitto. Pur subendo l’influsso di queste millenarie culture, Israele presenta però caratteristiche singolari, tali da conferirgli una collocazione storica assolutamente unica in mezzo a tutti gli altri popoli antichi: la sua religione assolutamente monoteistica e la sua Legge – i Dieci Comandamenti – dettati direttamente da Jahvè Elohim, il Dio unico, assoluto e invisibile che guida il cammino del suo popolo.
Un quadro sufficientemente ampio della musica in Israele, dai primordi ai grandi regni di Davide e di Salomone, può essere ricostruito attraverso la Bibbia. Frequenti sono i riferimenti: dal mitico Jubal, discendente di Caino, che «fu padre di tutti quelli che suonano la cetra e la zampogna» (Genesi, 4, 21), alle cerimonie di congedo in onore degli amici celebrate «con festa e con canti, al suono di timpani e cetre» (Genesi, 31, 27); dai canti di lavoro per lo scavo di un pozzo (Numeri, 21, 17) ai canti di vendemmia (Isaia, 16, 10) e di vittoria (Esodo, 15, 1-18). Dalle tante citazioni bibliche ricaviamo l’immagine di un popolo con un’ampia produzione musicale, non solo, ma per il quale canto, musica e danza ebbero in ogni frangente della sua storia una notevole importanza spirituale.
Non vi sono tracce di una comunque improbabile notazione musicale: Israele affidò infatti i suoi canti alla sola tradizione orale. Ricerche di etnomusicologia hanno comunque permesso di recuperare una preziosa eredità di canti, soprattutto religiosi, nei quali è possibile ritrovare la vestigia delle antiche forme. In particolare la liturgia distingueva tre tipi di canto: la salmodia, ovvero la recitazione intonata dei salmi, la lectio o lettura cantata dei testi sacri e l’innodia o canto degli inni.
Sotto il regno di Davide, le imponenti cerimonie destinate al culto videro all’opera anche 4000 coristi che «cantavano le lodi del Signore, accompagnandole con gli strumenti musicali che Davide aveva fatto costruire» (1 Samuele, 16, 23) che la sua musica era capace di guarire persino l’animo malato del re Saul: «Quando lo spirito mandato da Dio invadeva Saul, Davide prendeva la cetra e cantava, accompagnandosi di propria mano, allora Saul si calmava, si sentiva più sollevato e lo spirito malvagio si allontanava da lui».
L’evoluzione della musica in Israele è legata al destino del suo popolo che, disperso per il mondo intero, ha inevitabilmente subito di volta in volta l’influenza delle tradizioni artistiche dei Paesi in cui ha trovato dimora. Ma anche nel suo continuo adattarsi al mondo circostante e nell’assorbire tanti influssi stranieri, Israele ha mantenuto nei millenni la sua tragica grandezza. Ne sono una prova gli antichi canti tradizionali, tenacemente mantenuti in vita, la cui originalità risiede più nel profondo contenuto spirituale che non nelle caratteristiche musicali, canti che hanno contribuito a mantenere una coscienza religiosa e nazionale tra le più singolari nella storia del mondo.