La grata ed il cancello
Pensarci a caso mi son trovata. Guardando una grata che proteggeva il cavedio di un sotterraneo. Proteggere una luce (si può proteggere una luce?), che illumina un luogo altrimenti buio.
Incredibile, per proteggere una luce, una grata.
Per proteggere una entrata, un cancello. Egoisti! Attaccati al nostro come fosse unico ed irripetibile. Istintivamente mi è venuta in mente la grata della Monaca di Monza, di manzoniana memoria e la grata delle suore di clausura e ‘Le mie prigioni’ di Silvio Pellico . Di seguito la grata del carcere e la grata per le piante rampicanti o quella delle finestre. E la grata ricavata dalle innumerevoli tipologie di reti metalliche, messe a dimora per definire giardini, confini, proprietà, pollai, campi a coltura sperimentale, cantieri e zone cosiddette "invalicabili".
E la grata per finestrelle passa aria, e la grata decorativa per separare degli spazi abitativi. La grata non prevede attraversamento. E’ uno stop. Linguaggio non verbale di "zona off limits".
Il cancello, invece offre la possibilità di entrare. A concessione… però. E’ un passaggio, obbligato, ma almeno percepisci che si può andare di là. Mi torna in mente il film "Il giardino segreto"… non c’era un cancello, ma un muro ed una porta nascosti da vegetazione incolta che nascondeva un luogo dimenticato.
E mi sovviene la visione di un cancello da giardino e quello col vialetto che conduce all’ingresso di una casa. Il cancello di una villa o il cancelletto di uno spazio all’aperto ed il cancello di un ovile. O quello che, di cancello ha solo l’idea, che devono saltare i cavalli quando si fa equitazione. E poi quegli alti cancelli delle ambasciate, dove spesso, in tv, si vedono ammassati, in una ressa indescrivibile, umanità che cerca rifugio. Di là, spesso, c’è la salvezza, la protezione, la difesa dei diritti, la vita.
Oppure quegli stessi cancelli, con la stessa moltitudine di esseri umani in ribellione. Cancelli pressati per essere aperti, anzi sfondati, per desiderio di libertà usurpata o negata.
…Quando si dice "si aprono i cancelli"…
Quelli delle fabbriche, che ad orari prefissati consentono il passaggio dei lavoratori e il cancello degli edifici scolastici per regolare il flusso degli alunni in entrata ed in uscita ed il cancello degli ospedali, ve ne sono, specificatamente preposti, anche alla sola uscita delle ambulanze.
Il cancello dei grandi edifici, sedi di organismi nazionali ed internazionali, economici, culturali, finanziari, scientifici.
Ed i cancelli, oggi, sono anche automatici. Addirittura oggetto di campagne pubblicitarie, per sottolinearne la praticità di aprire presto, senza forzatura alcuna.
Il cancello ha una serratura comunque, sempre, la grata non lo prevede e, se ce l’ha, è in sostituzione di un cancello piccolo o grande che sia.
… Quando furono aperti i cancelli di Auschwitz.
… Quando furono aperti i cancelli di Guantanamo.
… Quando si aprono i cancelli dell’anima…
Il cancello segna l’attraversamento.
La grata segna l’isolamento.
I cancelli si scavalcano, anche… Le grate si diveltono.
Di grate e cancelli, fra onirico e antropomorfa memoria, ne sono pieni i videogiochi.
Grata e cancello definiscono lo spazio detto ‘privato’.
Li facciamo artistici, con archi e volute, per ammorbidirne il senso della limitazione e lasciar presagire il senso dell’accoglienza. Tanto da esaltare l’arte del ferro battuto, o della duttilità di materiali utilizzati in nuove accezioni, come l’alluminio o leghe di metalli.
Ma abbiamo bisogno di ‘paletti’ per sentici esseri umani?
La stazione ferroviaria o aeroportuale non ha cancelli. Lì, gli esseri umani, possono entrare liberamente. Ah no! Dimenticavo, adesso nn più… Ci sono cancelli anche lì. Per attraversare, bisogna passare al controllo… siamo diventati pericolosi!
(Rosalina)