Gioacchino Rossini
La transizione dal XVIII al XIX secolo, dalla fine del Classicismo all’inizio del Romanticismo, è segnata da Rossini. A lui, nemico delle novità, toccò delineare, nei tratti essenziali, il melodramma italiano. Nacque a Pesaro nel 1792, figlio di un suonatore di corno e di una affermata cantante, Anna Guidarini.
Studiò violoncello, pianoforte e contrappunto al Liceo musicale di Bologna, allievo di Giovanni Battista Martini (Bologna, 1706-84). A diciotto anni abbandona gli studi ed esordì come operista al teatro S. Moisè di Venezia con la farsa La cambiale di matrimonio. Il successo ottenuto gli valse presto la commissione di opere serie ed opere buffe. Dotato di facilità e rapidità eccezionali, scrisse molte opere (39), sia in italiano che in francese, di genere serio e comico. La maggior parte delle sue opere furono composte a Napoli, quando accetta la proposta di Domenico Barbaja, impresario dei teatri napoletani. Successivamente prese dimora a Passy, Parigi, dove morì nel 1868. La sua villa di Passy si trasformò in un cenacolo di artisti e di intellettuali, nel quale si riunivano i più famosi cantanti del tempo e le più grandi personalità della musica, come Liszt, Wagner, Clara Schumann. Rossini compose anche musiche sacre, arie da camera, pezzi per pianoforte. Rossini è ricordato soprattutto per l’opera comica che occupò i primi anni della sua carriera da operista; quella seria, gli anni della maturità. Le opere più importanti nel genere serio, sono: Otello, Maometto II, Semiramide. Nel genere comico: Il signor Bruschino, L’italiana in Algeri, il Barbiere di Siviglia, Cenerentola. Nella produzione sacra lo Stabat Mater per soli, coro ed orchestra e la Petite messe solennelle. Nel genere Grand-Opéra, il Guillaume Tell, che fu anche la sua ultima opera. Rossini chiuse l’opera del Settecento ed aprì la strada all’opera romantica. Il Romanticismo gli fu però estraneo come concezione musicale. Rivalutò il recitativo, rese più varia l’orchestrazione, distolse i cantanti dall’uso di introdurre fioriture a sproposito e li convinse ad eseguire fedelmente la parte scritta. Il crescendo, che impiegò nelle arie, nei pezzi d’insieme e nelle sinfonie, si basa sulla ripetizione, più e più volte, di un breve motivo che sale in zone tonali sempre più acute mentre si ispessisce l’orchestrazione e si passa dal piano al forte, fino al fortissimo.