Vorrei essere un genitore perfetto (1 parte)
I genitori moderni si interrogano spesso sul proprio ruolo. Frequentano psicologi, leggono manuali, si rivolgono agli esperti alla ricerca di una formula che insegni loro come essere ‘buoni genitori’.
Questa richiesta non nasce solo dal bisogno di offrire una infanzia migliore ai propri figli, ma anche dal vuoto culturale venutosi a creare con la crisi dei valori educativi tradizionali. Prima l’educazione familiare era condivisa da buona parte della società e delle istituzioni che svolgevano insieme alla famiglia questo ruolo, vedasi gli oratori o altre agenzie educative. L’idea era che la crescita dei propri figli andasse perseguita nel rispetto delle regole dettate dagli adulti, senza concedere ai ragazzi la possibilità di esprimersi in proposito. Tant’è che ogni accenno alla ribellione veniva percepito come pericoloso e passibile di minacce, sanzioni, talvolta anche corporali. Questo modello era, dalla maggior parte dei genitori, accettata ed eseguita, a nessuno veniva in mente di chiedersi se fosse giusto o meno. In seguito alle trasformazioni della società, guardando verso la democrazia e l’antiautorità sono venuti meno i presupposti di alcuni valori tradizionali. Le donne ad esempio hanno chiesto ed ottenuto maggiore autonomia e realizzazione personale. Uno degli effetti più evidenti è stato ripensare al ruolo materno che ha dovuto lasciare spazio ad altri aspetti del sè femminile. Diventare madre è una fra le tante aspirazioni femminili, non la principale. La possibilità di controllare la nascita di un figlio, ha modificato il modo di vivere la genitorialità, con la possibilità di ‘decidere’ quando concepire un figlio. Spesso questo figlio è unico, al centro di attenzioni, ansie, aspettative della famiglia.
Per questa ragione i genitori di oggi desiderano crescere bambini felici.
Si ritiene che i metodi autoritari siano poco efficaci per educare figli che rispettino limiti e valori etici. Resta il dubbio su quale metodo, però, sia più funzionale.
Le ricerche in campo psico-pedagogico, dimostrano che il miglior tipo di educazione sta nel mezzo, quella che adotta uno stile ‘autorevole’ e non autoritario.
Ciò che hanno scoperto gli studiosi è che, in generale, non basta differenziarsi dall’educazione ricevuta dai propri genitori, nè è possibile seguire costantemente lo stesso stile educativo, perchè i bambini sono diversi gli uni dagli altri, lo stesso vale per il genitore e quello che va bene per una famiglia potrebbe essere fallimentare per un’altra. Ciascuno vede gli obiettivi educativi in modo diverso, in relazione alle proprie esperienze personali ed alla propria personalità.
E’ auspicabile, quindi, cercare un atteggiamento flessibile, modificando le strategie educative in base al momento e alla situazione in cui ci si viene a trovare con i figli.
E’ ovvio che ciò, mette continuamente in gioco le capacità personali di gestire le relazioni, mettendo in conto una quota di tollerabilità e imprevedibilità che può sempre verificarsi.
Le proprie capacità di educare possono, in alcuni casi, essere verificati solo dopo molto tempo, quando i nostri figli sono cresciuti e mettono alla prova gli insegnamenti nelle relazioni al di fuori della famiglia.
Per dirla con un proverbio abruzzese: ‘Come t’arfjie lu lette, accuscjìe te ch’adduorme’.
(Fonte: Scuola dell’Infanzia-ed. La scuola-brescia)
Divagazione Filastroccosa
PAPA’ LEPROTTO
Un papà col suo bambino
gioca a fare il leprottino.
Sbatte i piedi va a zig zag
e di colpo… PATAFRANG!!
Con la sedia fa filotto
e va per terra con un botto.
Poi piagnucola come un bebè:
– Dammi un bacio nguè! Nguè!-.
Gli risponde il figlioletto:
– Non è ora di succhiotto,
ora ti dò un bel cerotto,
così quando casco giù…
mi prendi in braccio tu!-.
(Rosalina)