Speciale Condivisione – La Diversita’
Un uomo nasce negli ultimi anni dell’800, famiglia patriarcale, contadina benestante, a quei tempi una rarità. Terra. Bene primario e simbolo di prestigio e potere, mentalità bigotta di paese, nutrita dall’ignoranza e dalla miseria. Nasce un bambino a cui viene dato il nome di Filippo. Sconvolge i piani di una
intera famiglia orgogliosa del suo stato sociale. E’ una macchia indelebile, una vergogna, è DIVERSO. Oggi la cosa si sarebbe risolta in un batter d’occhio, appena poche ore dopo la nascita. E’, ovvio, un tracollo che si cerca di cancellare giorno per giorno con comportamenti, consueti, che oggi come minimo verrebbero tacciati quali atti di violenza familiare o di sfruttamento, o di sopruso bello e buono. Filippo nasce con una deformità, con una mutazione genetica. Ha le estremità degli arti superiori ed inferiori della parte destra del corpo con una appendice di troppo. Ha sei, 6, dita nella mano destra e sei, 6, dita nel piede destro. Un secondo mignolo ed un secondo quinto dito del piede. UN MOSTRO! Allevato come maschio, ma ai margini della famiglia, accettato per forza di cose, ma rifiutato a priori per la sua diversità. Adibito, come un carro attrezzi, ai lavori più umili e pesanti, trattato come bestia da soma, a cui, essendo stato insegnato ad ubbidire, ha eseguito e rispettato tutti gli ordini dati. Imposti. Ritenuto naturalmente, da tutti, un po’ dritto e un po’ scemo, non è NORMALE!
Cresce e al momento di andare a scuola, inizia a frequentarla con ottimo profitto e già dalle prime battute si capisce che possiede una intelligenza superiore. Viene fatto notare alla famiglia, al padre Giosuè il quale, non esita nemmeno un attimo. Filippo non andrà a scuola, perché studiando potrebbe vendersi tutto il patrimonio agricolo della famiglia, buttare sul lastrico quanto costruito con molti sacrifici. Così Filippo resta analfabeta per tutta la vita, ma la sua sete di sapere non si spegne mai. Nell’ignoranza non voluta si pone continue domande cercando le risposte come meglio può. Trascorre la vita così, appassionandosi alle vicende del sole, quasi da cultore dell’animismo, ma gli è stata inculcata una ferrea fede religiosa. Coltiva in segreto questa passione, sempre. Scompaiono i genitori, i fratelli e le sorelle si sposano. Lui, naturalmente diverso, alla fine finisce per sopravvivere con due dei suoi nipoti, figli di due dei suoi fratelli. Fa ciò che sa fare, il contadino, anzi, più precisamente lo zappatore. A settimane alterne si divide fra le due famiglie parentali. Stabilisce ottimi rapporti con i suoi pronipoti e con qualcuno un rapporto di particolare dialogo. Una pronipote, specialmente, con cui trascorre le giornate di pioggia a parlare della sua passione. Racconta della scoperta di un fondo di bottiglia che messo nella direzione solare raggruppa il “fuoco” del sole, tanto da arrivare quasi a bruciarsi il dorso di una mano. La pronipote con le poche conoscenze che ha acquisito a scuola, tenta di spiegare che quel fondo di bottiglia funge da lente e concentra i raggi solari. Per Filippo è una scoperta strabiliante e conserva gelosamente quel fondo di bottiglia, perché nelle giornate serene e fredde d’inverno, si apposta in un cantuccio dove il sole batte e sperimenta la forza solare. Sconvolgente per lui… il sole con la lente riesce a dare fuoco ad un pezzo di carta! E figuratevi quando l’uomo andò sulla luna. Tutti a prenderlo in giro:- Filippo! Lo sai che l’uomo è andato sulla luna?- E Filippo:- Ma fatemi il piacere, state zitti, voi mi prendete in giro!- E via di questo passo, tutti i giorni era un continuo stillicidio di idiozie da propinare a Filippo che puntualmente si arrabbiava in modo indicibile. Gli scavezzacolli della situazione, oggi definiti bulli, arrivarono perfino a deriderlo lanciandogli pietre colpendolo dappertutto, persino in testa ferendolo e dicendo in tono profetico:- Filippo! Queste pietre arrivano dalla luna!- E via una sassaiola a ripetizione seguita da una fuga veloce quanto l’avvicinamento della spedizione all’obiettivo. Questo accadeva quando Filippo trascorreva una buona parte del tempo non in casa, ma nella stalla, voleva così, era cresciuto così; dove ci si scaldava tra il fiato degli animali e lo sterco che producevano, come si faceva ai primi del 900, nei giorni più freddi della stagione invernale. Spesso la sassaiola veniva interrotta dalle grida di rabbia della pronipote prediletta che riconosceva sempre in quei bulli tutti i suoi amici. Non poteva fare altro che gridare da lontano, erano troppi:- Brutti disonesti! Via, andatevene via! Che vi ha fatto di male mio zio!- E tutti, fuggendo, sghignazzavano soddisfatti. Crescendo la pronipote divenne l’avvocato del debole. Aveva da dire in famiglia per ogni minimo particolare che le sembrava deplorevole e penalizzante per un essere umano. Ci provò anche con lui, cercando di convincerlo, Filippo dormiva in soffitta, ma a lui piaceva così. Dovette arrendersi. Filippo era di una serietà sorprendente. Pretendeva di sentirsi sempre in ordine, pulito, ordinato, lavato, sbarbato. E, ogni mattina, anche con il gelo e la neve, la pronipote si meravigliava di come si sciacquasse il viso, senza assolutamente risentirne minimamente, con l’acqua gelida del rubinetto. Non voleva assolutamente l’acqua calda! Il suo, era sempre il primo buongiorno e il primo segno di croce, che si ripeteva puntualmente prima di toccare cibo. Filippo continuava a domandarsi com’era possibile che gli uomini fossero andati lassù. La pronipote, con parole semplici, per diverso tempo cercò di spiegare:- Zio, gli uomini hanno costruito delle macchine che funzionano con una miscela che assomiglia alla forza del sole. Perciò sono riusciti ad arrivare lassù.- Nonostante dicesse di aver compreso, non esitava, qualora si presentasse l’occasione, a riprendere il discorso e farselo ripetere ancora, tanto gli sembrava inverosimile. Così Filippo trascorse la sua vita, fino nella vecchiaia. Diventò cieco. Quale infausta sorte per un uomo che negli occhi e con gli occhi trovava e provava le gioie più grandi della sua vita, mentre guardava i raggi solari concentrarsi in un fondo di bottiglia! Gli ultimi anni furono di rimpianto e di voci ascoltate. Abbracciato, coccolato, accarezzato, accompagnato dalla pronipote che, con il groppo in gola, lo vedeva spegnersi col passare del tempo. Gli voleva un bene dell’anima e pianse, pianse tutte le sue lacrime quando una mattina, non sentì quel primo buongiorno. Se n’era andato in sordina, lucido fino alla sera prima, quando come sempre, diceva:- Signori, vado a coricarmi, buonanotte a tutti!- E, accompagnato fino alla scalinata, perché poi voleva fare da solo, se n’era andato in soffitta a dormire recitando le preghiere della sera. La pronipote aveva avuto un affetto smisurato, viscerale, per quello zio. Un sentimento che si portò dietro nel profondo del cuore per sempre, insieme a tutte le emozioni semplici, di un uomo semplice, dalla mente semplice, con l’anima semplice.
Gli promise che l’avrebbe ricordato.
Era MIO ZIO FILIPPO.
Divagazione Poetica
Dire un affetto.
Senza difetto.
“Fatti non foste
a viver come bruti
ma per seguir
virtute e canoscenza.”
Filippo, l’uomo.
(Rosalina)