“Se sbalio mi corrigerete!”
Furono queste parole che mi colpirono il cuore e fecero di Lui, per me, il più grande Padre Spirituale. Fui intenerita dal suo primo saluto notturno appena eletto e, in quelle parole: "Se sbalio mi corrigerete" dall’iniziale accenno di benevolo sorriso che mi sovvenne, vidi un uomo, prima che un papa, coraggioso, franco, umile, aperto, disponibile. Avvertii la netta sensazione di chi ti entra dentro, ti abbraccia e ti vuol bene tutto d’un fiato. Come se avesse guardato in una frazione di secondo tutto il tuo animo in tutte le sue declinazioni e lo avesse accettato cosi’ com’era. Era il 16 ottobre del 1978. Ero già grande, appena ventunenne, ma restai stupefatta e felice allo stesso istante, era polacco, dopo 445 anni c’era un polacco sulla soglia della casa di Pietro: Carol Wojtyla, Papa Giovanni Paolo II. Vissi con intensità ed interesse tutte le procedure per l’insediamento al papato e tutti i resoconti giornalistici sulla sua vita e sul suo percorso nella chiesa. Quasi me l’aspettavo che fosse così com’era, avevo la sensazione che la chiesa fosse arrivata ad una svolta con una scelta così innovativa. Ero giovane e Lui era giovane per essere papa, cinquantenne, sportivo, simpaticissimo, appassionato di teatro e proveniente da un paese di tutt’altra filosofia socialpolitica rispetto a quella occidentale. Ciò che poi, mi diede letteralmente i brividi, assistendo in tv al suo primo discorso in piazza San Pietro fu quel grido prorompente, accorato, quel messaggio, per quei tempi sconvolgente, di "NON ABBIATE PAURA, NON ABBIATE PAURA DI APRIRE LE PORTE A CRISTO!". Nel religioso silenzio del mio ascolto, rimasi folgorata, quella frase mi sollevò e mi agito’, procurandomi una valanga di sentimenti che contemporaneamente si dibattevano fra credere, muoversi, lottare, accettare, ribellarsi, condividere, perdonare. Com’era possibile, non era un politico, non era un rivoluzionario, ma gli volli bene subito, immediatamente, con un trasporto che non riuscivo a definire. Lo sentivo vicino, coi miei pensieri, nelle mie idee. Dentro quelle parole ci vedevo la sofferenza e la consapevolezza di un uomo che aveva accettato di essere guida della chiesa, ci vedevo popoli oppressi, bimbi abbandonati, mondi trafitti da torture e sguardi feroci ed esseri umani con anime inconsolabili. Lui era con i giovani come me, vedeva nelle nuove generazioni la forza mondo. Ci credeva e lo faceva vedere e sapere a tutti. Lungimirante ed a ragion veduta, grande stratega, grande esempio che nessuno finora e forse mai, o chissa quando, riuscirà a comprendere fino in fondo.
Penso che già da allora cominciarono a cadere le mura di Berlino e l’attentato alla Sua persona, il 13 maggio 1981, ne fu un avvicinamento determinante. Con 27 anni di papato ha dimostrato nei fatti le sue prime parole e ciò che sentii allora: coraggio, franchezza, umiltà, apertura, disponibilità.
Coraggio: difese il suo popolo e Solidarnosc ed ha proseguito il suo mandato senza arrendersi mai.
Franchezza: riconobbe gli errori della chiesa; crociate, inquisizione, olocausto.
Umiltà: perdonò il suo attentatore.
Apertura: ha aperto il dialogo ecumenico con le altre religioni.
Disponibilità: ha messo in pratica l’insegnamento di Gesù "Andate e predicate", viaggiando in tutto il mondo nell’opera di evangelizzazione.
Oggi, 2 aprile 2010, Venerdì Santo si ricorda e si celebra il 5° anniversario della sua morte. Spirò, dopo una agonia di 48 ore, certamente con atroci sofferenze, il 2 aprile 2005 alle 21.37. Piansi.
Ora, dopo la processione atessana, sempre carica di sentimento popolare fervido, il Suo ricordo in quel Venerdì Santo in cui non potendo presiedere la Via Crucis al Colosseo, Vi assistette in tv con la testa reclinata e il tremolante braccio che reggeva la Croce Pastorale negli appartamenti vaticani. Stava assistendo al ricordo del Calvario di Cristo accompagnato dal Suo Calvario.
In quella serena mattina dell’8 aprile 2005, giorno dei funerali, vi assistii a scuola insieme ai bambini in silenzio, davanti ad un vecchio televisore e con un cero acceso, il ricordo ancora vivo fu quella folata di vento. Forse uno zefiro di primavera, o forse un vento miracoloso, fu certo improvviso e di colpo iniziò a sfogliare una dopo l’altra, le pagine del Vangelo appoggiato sulla bara. Mi sembrò e tuttora mi sembra un messaggio, una benedizione celeste che volesse significare come il sommo pontefice Papa Wojtyla avesse vissuto ogni istante della sua vita nel nome e per nome della fede in Gesù Cristo. Nella mia gioventù è stato un faro. Vorrei che restasse sempre acceso, fino alla fine del mondo.
Un esauriente bagaglio informativo su Giovanni Paolo II si può visionare sul sito: http://cronologia.leonardo.it/storia/biografie/wojtyla.htm
Divagazioni poetiche
AQUERÒ
O bianca Signora ammantate de stelle,
o Madonna nghe l’azzurra cintarelle
che vù da mè,
che pozze fa pe Te.
Je t’aveda menì a ringrazija
e Tu , invece, me se menute a chiamà.
Je so’ triste, stracche e affannate
pe sta vite e stu monne afflitte e malandate.
Je propije nen te vulesse lassà
e t’invoche “areijalece na stelle de pietà!”
Purte a lu Fije te sole stu messagge:
– Le persone va truvenne lu curagge.
S’è ‘llentate speranze e misericordie
cerche da Te sollieve e concordie-.
O bianca Signora ammantate de stelle,
O Madonna nghe l’azzurra cintarelle,
o Immacolata Concezione,
Daije la pace e lu perdone.
Amen.
(Rosalina)